Janne Andersson è l’illustre sconosciuto che dirigerà la nazionale della Svezia al Campionato del Mondo in Russia tra il 14 giugno e il 15 luglio del prossimo anno.
Nella mia mente fino a una decina di giorni fa si confondeva con il musicista scozzese Ian Anderson e questo è bastato per rendermelo simpatico.
Abbiamo avuto tutti modo di vederlo al lavoro nelle due partite di spareggio che hanno dato lo stop agli azzurri: un golletto con deviazione per parte svedese, ma con una strenua difesa, degna anche di miglior causa, e nessuna rete in circa 200 minuti per parte italiana.
Anche se mister Andersson ha trovato l’unica ricetta possibile per prevalere su dei singoli avversari di valore non comparabile rispetto ai suoi giocatori, non starò qui a considerare le sue qualità strettamente tecniche, in fin dei conti in Italia c’è il fior fiore dei tattici e qui si riforniscono anche grandi squadre europee, ma la persona si è resa interessante per un paio di episodi.
Non episodi di partita, ma di contorno.
La fotografia che lo ritrae dopo la gara, mentre raccoglie i rifiuti sul pavimento dello spogliatoio: si tratterà forse anche di sola ostentazione, ma può essere uno spunto per dare una buona indicazione di comportamento a molti giocatori, tecnici e dirigenti dei nostri campionati giovanili e dilettantistici; il disagio che si prova a volte avvicinandosi ad una panchina o entrando in uno spogliatoio, dove sono evidenti i residui della partita o dell’allenamento precedente, per molti è reale e non è diversa la situazione nell’allontanarsi da quella panchina o nell’uscire quello spogliatoio a giochi finiti.
Un minimo di rispetto per le persone, per gli ambienti e per il gioco stesso dovrebbe essere sufficiente a mantenere un grado accettabile di decenza.
Divieti e obblighi sembrano fatti apposta per essere ignorati e sembra quasi una pedanteria suggerire di gettare bottigliette vuote di acqua o bagnoschiuma negli appositi contenitori, in realtà non lo è, ma lo potrà diventare dal momento che quel comportamento sarà diventato consuetudine.
L’altra immagine che mi è rimasta impressa è quella del suo controllo, della sua determinazione, uniti a grande educazione, nel richiamare, naturalmente in inglese, i giornalisti che in sala stampa chiacchieravano durante le sue dichiarazioni: “Scusate Signori, scusate… sto parlando… scusate, va bene, grazie…”.
Certo nella nostra attività di dilettanti non abbiamo problemi di conferenze stampa, ma in quante riunioni di società alle quali abbiamo partecipato, per ascoltare o per comunicare qualcosa, ci siamo trovati di fronte a tecnici o dirigenti impegnati nel frattempo in conversazioni private, aventi come unico risultato concreto quello di ridurre il tempo a disposizione di tutti e ostacolare il dialogo?
Ben vengano anche tra noi figure professionali come Janne Andersson: magari non ci ossessioneranno con schemi colorati e moviole, ma potremo trovare l’accoglienza di un ambiente senza rifiuti a terra intorno alle panchine o nello spogliatoio e, se mai ci riuniremo, potremo farlo senza il disagio delle interruzioni o di un fastidioso brusio di sottofondo.